La pubblicità “nascosta” in TV
Un tempo si chiamava pubblicità occulta. E, negli anni ’90, c’era stato anche un periodo di grandi polemiche sulle serie televisive e l’utilizzo di marchi all’interno delle scene. Ma che differenza c’è tra quel modello di comunicazione e il lavoro che fanno attualmente gli influencer? Chi si ricorda gli “sceneggiati” di 20 anni fa non farà fatica a ricordare adesivi o cartoncini che mascheravano i loghi sulle automobili, o sulle etichette di crema al cioccolato spalmabile (si chiama Nutella, non abbiatene paura, è la forza del brand).
Il product placement (come viene denominato) è in realtà, soprattutto negli Stati Uniti ma ormai anche in Italia, un procedimento regolamentato. Un’azienda paga una produzione perché i propri prodotti siano inseriti all’interno di una sceneggiatura e quindi mostrati in film, serie tv, programmi televisivi, videogame, come se facessero parte della storia.
In Italia la svolta nella regolamentazione è avvenuta poco più di 10 anni fa. Come ci racconta Wikipedia, per la pubblicità indiretta, la situazione è cambiata con il Decreto Ministeriale del 30 luglio 2004, a firma dell’allora ministro Giuliano Urbani e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 6 ottobre 2004, n.235: Modalità tecniche di attuazione del collocamento pianificato di marchi e prodotti nelle scene di un’opera cinematografica “product placement”. Il Decreto Urbani prevede che la presenza di marchi e prodotti deve essere palese, veritiera e corretta e si deve integrare nello sviluppo dell’azione, senza costituire interruzioni, e, comunque, deve essere coerente con il contesto narrativo. Il decreto inoltre stabilisce l’obbligo di inserire un avviso nei titoli di coda che informi il pubblico della presenza di marchi e prodotti all’interno del film, con la specifica indicazione delle ditte inserzioniste. Il mancato adempimento dell’obbligo di cui al precedente periodo comporta l’esclusione dall’elenco delle imprese come previsto dall’art. 3 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.28, e successive modificazioni, per il periodo di due anni a decorrere dall’accertamento della violazione.
Insomma, per quanto alcuni di noi ricordino “I ragazzi ella Terza C” con nostalgia, non avremo più scene del genere.
Influencer Marketing
Ma perché se ne riparla ora? Perché il mercato degli influencer è sempre più potente. Gli influencer sono quelle persone che per meriti più o meno grandi hanno la possibilità di essere persuasivi con i loro follower sui social network. Pensiamo a Chiara Ferragni, al suo fidanzato Fedez ma anche ai calciatori o ad attori e attrici con un seguito di fan molto alto. Tutti questi personaggi influenti sono (o possono essere) sponsor e testimonial di qualsiasi cosa postino online. La preoccupazione dell’Antitrust al momento riguarda la poca trasparenza dei messaggi che mandano. La Ferragni posta il suo nuovo cappotto di Gucci perché lo ama alla follia o perché il brand l’ha pagata per farlo? Alla luce di ciò, qualche mese fa l’Autorità Garante della concorrenza ha mandato a tutti loro delle lettere invitandoli a specificare, quando ci sono, le intenzioni pubblicitarie dei post. Quando insomma gli influencer non postano in modo spontaneo o disinteressato, sono invitati ad usare hashtag che lo sottolineino, come #pubblicità, #sponsorizzato, #advertising, #inserzioneapagamento.
Le domande aperte
Da questa riflessione sulla pubblicità nascosta nascono diverse domande. Per prima cosa: gli influencer hanno recepito l’invito? Guardando l’instragram di Chiara Ferragni, ad esempio, ogni tanto si nota un molto discreto #ad (abbreviazione di advertising).
Secondo poi: le persone sono meno incentivate a seguire un consiglio se è un consiglio sponsorizzato? Qui la risposta è più complessa e probabilmente non abbiamo ancora tutti gli elementi di analisi per averla. Terza e (al momento) ultima questione: tutti i piccoli influencer (comparse televisive che muovono migliaia di persone, dai tronisti ai “vip” da programma del pomeriggio) saranno controllati come lo sono i grandi? Non è dato saperlo, siamo davvero agli albori di una regolamentazione del web di cui la pubblicità è solo uno dei numerosi aspetti.
Non abbiamo paura di dire che c’è bisogno di studiare molto e di riflettere, anche e soprattutto dal punto di vista etico, per entrare all’interno dell’argomento internet regulation. Ma è ora di farlo.