Indice
Leggere per saper scrivere
Per lavoro leggo e scrivo. Mi capita di fare anche diverse altre cose ma principalmente sono queste le mie specialità.
Per lavoro, in questi mesi, ho affrontando insieme ai nostri clienti l’emergenza Covid-19, attraverso comunicati stampa, post per i social network, contenuti per landing page o newsletter.
La prima cosa che ho fatto, quando abbiamo iniziato a ragionare sul cambio di strategia di comunicazione che si era reso necessario, è stata quella di capire le parole della crisi, soprattutto da quelli che le sanno spiegare e raccontare meglio.
(La Treccani, ad esempio, ha fatto un lavoro egregio che trovate qui.)
Le parole dell’emergenza
Una delle prime cose che ho imparato è che Covid-19 è la malattia, non il virus. Quest’ultimo si chiama SARS-Cov-2. Due nozioni semplici per comunicare nella giusta maniera. Anche se non impariamo a memoria i due nomi, comprendere la differenza è essenziale.
Ora, sono passati due mesi dal lockdown e c’è la Regione Lombardia ad esempio che, in un’ordinanza per le nuove misure, parla di virus Covid-19.
Cosa mi fa pensare? Cosa mi dice una cosa del genere?
Mi fa pensare che persone che dovrebbero aver lavorato, negli ultimi 60 giorni, praticamente intorno a un solo tema, ancora faticano a raccapezzarcisi. E perché? Perché non studiano, perché non capiscono che la fatica necessaria ad imparare è quello che ti semplifica il lavoro, soprattutto quando il tuo compito è quello di usare le parole corrette per spiegare, con le parole, cosa occorre fare nelle nuove fasi dell’emergenza.
Perché il testo ha ancora un ruolo centrale nella comunicazione?
Non entrerò in analisi che non mi competono riguardo le diverse funzioni del linguaggio ma una cosa la vorrei dire.
Da qualche anno, dalle segrete stanze di chi lavora nel mondo del marketing, è emersa una nuova verità: leggiamo le immagini e guardiamo le parole! Ed in realtà, quando suggeriamo ai nostri clienti una attenzione particolare al loro format o anche agli aspetti considerati minori del visual branding, sappiamo quanto ci sia di vero in questa constatazione.
Ma allora le parole che fine hanno fatto?
Le parole sono diventate per molti un corredo, troppo spesso trascurato, a volte inutile ornamento del titolo di un post e di un articolo, l’unica cosa che (quasi) per certo verrà letta dagli utenti. Da qui la riflessione di chi, come me, per lavoro legge e scrive.
La correttezza non è debolezza
Usare un linguaggio rispettoso ed esaustivo, comprendere le esigenze di chi muove una critica, scegliere le parole dopo un’accurata selezione: sono tutte azioni necessarie per chi, per lavoro o per la propria attività, gestisce una pagina social.
Ci sono alcune cose che sono essenziali, non solo per buona educazione, ma per avere la giusta reputazione online:
- evitiamo di rispondere a polemiche in maniera aggressiva; se è necessario rispondere, argomentiamo e non perdiamo la pazienza;
- quando riconosciamo un troll, ignoriamolo;
- difendiamo la nostra reputazione (e quella del nostro brand) ma non infiliamoci negli shitstorm, quando essi si creano;
- non inneschiamo polemiche, anche quando siamo arrabbiati; ribadiamo il nostro schema valoriale ma non attacchiamo gli altri;
- non urliamo più forte: usare il tono di voce giusto può sembrare meno impattante ma ci darà ragione sul lungo periodo.
Sui social network, queste situazioni capitano. Spesso ci fanno arrabbiare, soprattutto quando appaiono notizie palesemente false. Se veniamo accusati di qualcosa che è lontano dalla realtà, il nostro compito è quello di dimostrarlo. Ricordate che il nostro pubblico non per forza conosce noi e la nostra affidabilità: se ci infiliamo in un “match di insulti” difficilmente capirà chi ha ragione.
Le parole per ottimizzare la ricerca
In realtà, checché se ne pensi, le parole hanno sempre più valore, per il loro potere di sintetizzare il mondo e di creare identità. Saperle usare sapientemente è un vantaggio anche e soprattutto per chi vuole essere rintracciato sui motori di ricerca.
Perché? Lo vediamo insieme.
Come possiamo aiutare Google a farci trovare esattamente per i motivi per cui vogliamo essere trovati? Ci sono una serie di aspetti tecnici certamente (la struttura del sito, tanto per fare un esempio) ma noi vogliamo concentrarci su quello che ci preme in questo articolo: le parole.
Google legge.
Lo fa costantemente ad una velocità impressionante.
Legge tutto quello che scriviamo sui siti web.
Quindi, se vi state chiedendo se serve un professionista che scriva per il vostro sito o che vi formi per farlo, la risposta è sì.
La crisi come nuova occasione
Quello che queste settimane hanno dimostrato è che, soprattutto quando ci sono fasi delicate (che nella vita di un’azienda sono un’ipotesi da tenere sempre in considerazione), il modo in cui ci rapportiamo al pubblico può fare la differenza. Sbagliare i toni significa allontanare il pubblico e i nostri potenziali clienti.
Il linguaggio sul web è la parte più visibile del modo in cui lavoriamo fuori dalla nostra realtà operativa: deve essere all’altezza della nostra azienda!
Chi parla male, pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti!
Nanni Moretti – Palombella Rossa
Quello che forse in molti hanno capito con questa crisi è che non serve urlare contro le urla altrui. Il lavoro di comunicazione online è lento e faticoso ma è l’unico che ripaga sul lungo raggio: non basta soltanto una buona idea e non serve fare la guerra agli altri. Occorrono strategia e visione, attenzione agli utenti e cura del cliente.
Chi vorrà avere una reputazione seria e lavorare sul web, non avrà alternative.